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Bettoglio Antonella Classe 1° D Scuola media di Iseo
La leggenda di Montisola
Erano giorni che trascinava stancamente i suoi piedi su quella distesa bianca, scricchiolavano sulla neve in quella atmosfera ovattata, pensava a quando tutto quel ghiaccio era una distesa d'acqua azzurra e tutto intorno un verdeggiare di boschi. Guardava in alto e vedeva appollaiata sulla cima rocciosa quella che un tempo era la rocca. La rocca dei Manfredi, un nome che evocava timore e rispetto a tutte le genti del lago. C'era stato un tempo felice in cui i possedimenti e le fortificazioni della sua nobile famiglia occupavano le posizioni strategiche delle terre sulle rive di quell' acqua limpida. Dalla rocca si poteva vedere la torre sull' isola grande e, da quest'ultima, lo sguardo spaziava sulla dimora principale della sua famiglia: il castello di Montisola. A quel tempo tutte le barche che passavano sotto la torre dell'isola grande dovevano abbassare le vele in segno di sottomissione, ma quasi nessuno osservava più quella disposizione. Poi un bel giorno non si sa come, da occidente, proprio là dove tramontava il sole, cominciarono ad arrivare delle strane nuvole colore dell'oro, luccicavano come il sole e assieme a quei colori arrivarono uccelli mai visti; le loro piume erano arcobaleni scintillanti e la soavità dei loro canti era paragonabile alla voce degli angeli. Tra l'erba di un verde sempre più cupo cominciarono a spuntare fiori sconosciuti, i loro colori erano di una bellezza cupa, il loro profumo nauseante. L'acqua del lago si tinse del colore del cielo e dalle sue onde si levava il profumo intenso delle rose scarlatte. Assieme a questi cambiamenti profondi del nostro lago, un brutto giorno arrivò l'ombra scura di un drago, il suo nome era Tritone. Dispiegò le sue ali immense, colore del fumo, e cominciò a soffiare la sua cattiveria su tutto il lago. Nuvole di brina e ghiaccio iniziarono ad avvolgere la distesa acquatica e a poso a poco tutto congelò e gli abitanti delle profondità del lago iniziarono a scomparire dalla circolazione. Molti tra i Montisolani cominciarono a soccombere provati dal grande freddo e le creature che popolavano i boschi morivano per mancanza di cibo. Dal suo regale palazzo la principessa Isotta osservava tutta questa scena terrificante ed era impotente contro le forze del drago Tritone. A questo punto Isotta non resse più e decise di andare nella sua tana. Si mise addosso abiti pesanti e uscì di casa decisa e determinata. Tutto questo si ricordava mentre camminava sul lago ghiacciato. Isotta era una ragazza dai lunghi capelli corvini, legati con un fiocco dorato, un volto rosa carnoso, due occhi color smeraldo e una bocca rossa come una rosa. Camminò per giorni interi senza sosta ma con una meta ben precisa: la tana del drago Tritone. Giunta in prossimità della caverna, situata nel folto di un fitto bosco, venne a conoscenza della presenza di alcuni orchi. Caricata di tutto il suo coraggio si avventurò nel bosco ma per sua sfortuna incontrò un orco che voleva ucciderla. Sul punto di essere eliminata, arrivò uno strano ragazzo dai capelli biondi come l'oro e dagli occhi azzurri che, con un pugno ben assestato, stese l'intruso. La principessa ancora impaurita tentò di scappare, ma il ragazzo le disse che non aveva niente da temere perché lui era un amico. Isotta spiegò la situazione al ragazzo che volle aiutarla e insieme raggiunsero l'orrida tana del drago Tritone. Entrarono nell'antro e subito un tanfo terribile aggredì le loro narici provocando un senso di disgusto. Il drago era accasciato sul suo giaciglio e piangeva di dolore. "Perché piangi ?" chiese Isotta. "Perché dei bambini malvagi hanno infilato nel mio piede una spina avvelenata" disse Tritone. "E' per questo che sei così cattivo ?" chiese la principessa. "Si, per il dolore" rispose il drago. Allora Isotta impietosita decise di aiutarlo: il ragazzo misterioso teneva il drago immobile, mentre Isotta estraeva cautamente la spina. In men che non si dica la principessa aveva in mano la spina avvelenata e di colpo il drago Tritone si trasformò in un regale e maestoso principe di nome Tristano che fece battere il cuore di Isotta. Qualche tempo dopo si sposarono e tutto ritornò alla normalità: il lago sgelò e riprese i suoi splendidi colori. Montisola si ripopolò tornando quella città felice che era sempre stata. Sul punto di ringraziare lo strano ragazzo Isotta si era accorta che era svanito nel nulla e capì che era un abitante della magica città di Fantasia. Da quel momento tutta Montisola visse per sempre in riva al suo lago sotto lo sguardo protettore dello strano ragazzo dai boccoli d'oro.
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